“Scrivo ancora. Nei primi quattro mesi di quest’anno ho scritto duecentocinquanta poesie. Sento ancora la follia scorrermi dentro, ma ancora non ho scritto le parole che avrei voluto, la tigre mi è rimasta sulla schiena. Morirò con addosso quella figlia di puttana, ma almeno le avrò dato battaglia. E se fra voi c’è qualcuno che si sente abbastanza matto da voler diventare scrittore, gli consiglio va’ avanti, sputa in un occhio al sole, schiaccia quei tasti, è la migliore pazzia che possa esserci, i secoli chiedono aiuto, la specie aspira spasmodicamente alla luce, e all’azzardo, e alle risate. Regalateglieli. Ci sono abbastanza parole per noi tutti.”
(Confessioni di un codardo – da La mia pazzia, p. 93)
§
PRIMO AMORE
un tempo
quando avevo 16 anni
c’era solo qualche scrittore
a darmi speranza
e conforto.
a mio padre non piacevano
i libri e
a mia madre neppure
(perché non piacevano al babbo)
specie i libri che prendevo io
in biblioteca:
D.H. Lawrence
Dostoevskij
Turgenev
Gorkij
A. Huxley
Sinclair Lewis
e altri.
avevo la mia camera da letto
ma alle 8 di sera
bisognava filare tutti a nanna:
“il mattino ha l’oro in bocca,”
diceva mio padre.
poi gridava:
“LUCI SPENTE!”.
allora mettevo la lampada
sotto le coperte
e continuavo a leggere
sotto la luce calda e nascosta:
Ibsen
Shakespeare
Cechov
Jeffers
Thurber
Conrad Aiken
e altri.
mi offrivano una opportunità e qualche speranza
in un posto senza opportunità
speranza,
sentimento.
me la guadagnavo.
faceva caldo sotto le coperte.
qualche volta fumavano le lenzuola
allora spegnevo la lampada,
la tenevo fuori per
raffreddarla.
senza quei libri
non sono del tutto sicuro
di cosa sarei diventato:
delirante;
parricida;
idiota;
buonannulla.
quando mio padre gridava
“LUCI SPENTE!”
son sicuro che lo terrorizzava
la parola ben tornita
e immortalata
una volta per tutte
nelle pagine migliori
della nostra più bella
letteratura.
ed essa era lì
per me
vicina a me
sotto le coperte
più donna di una donna
più uomo di un uomo.
era tutta per me
e io
la presi.
§
TUTTA LA TRISTEZZA SI SCIOGLIERÀ’ IN UN SORRISO
Sentiremo il sapore delle isole del mare
So che una certa notte
in qualche camera da letto
presto
passerò
le dita
tra
capelli
soffici e puliti
canzoni che nessuna radio
trasmette
tutta la tristezza si scioglierà
in un sorriso.
§
DONNA CHE DORME
di notte mi siedo sul letto e t’ascolto
russare
t’ho incontrata in un’autostazione
e ora guardo con stupore la tua schiena
bianca fino alla nausea e macchiata
di lentiggini infantili
mentre il lume rovescia l’insolubile
dolore del mondo
sul tuo sonno.
non posso vedere i tuoi piedi
ma devo credere che sono
piedini deliziosi.
a chi appartieni?
sei vera?
penso a fiori, animali, uccelli
sembrano tutti più che buoni
e così chiaramente
reali.
ma non puoi fare a meno di essere
una donna. siamo tutti destinati
a essere qualcosa, il ragno, la cuoca,
l’elefante. è come se ciascuno fosse
un quadro, appeso al muro
in qualche galleria.
– e ora il quadro si gira
sulla schiena, e sopra il gomito piegato
posso vedere mezza bocca, un occhio
e quasi un naso.
il resto di te è nascosto
invisibile
ma io so che sei
un’opera moderna,
contemporanea
forse non immortale
però ci siamo amati.
continua a russare
ti prego.
§
ONE FOR OLD SNAGGLE-TOOTH
conosco una donna
che compera continuamente puzzle
cinesi
puzzle
cubi
cavi
pezzi che alla fine s’incastrano
in un ordine.
li completa
matematicamente
risolve tutti i suoi
puzzle
vive giù in riva al mare
mette lo zucchero fuori per le formiche
e crede
alla fin fine
in un mondo migliore.
ha i capelli bianchi
li pettina di rado
ha i denti storti
e indossa ampie tute
informi
su un corpo che molte
donne vorrebbero avere.
per anni mi ha irritato
con quelle che giudicavo
eccentricità –
come i gusci d’uovo a mollo
(per nutrire le piante
col calcio).
ma infine quando penso alla sua
vita
e la paragono ad altre vite
più eccitanti, più belle
e originali
mi accorgo che lei ha ferito meno
gente di tutti quelli che conosco
(e per ferire intendo semplicemente ferire).
ha passato periodi tremendi,
periodi in cui avrei forse potuto
aiutarla di più
perché è la madre della mia unica
figlia
e siamo stati un tempo grandi amanti,
ma ne è uscita,
come ho detto
ha ferito meno gente di
tutti quelli che conosco,
e se guardi le cose così,
be’
ha creato un mondo migliore.
ha vinto.
Frances, this poem is for
you.
§
UNA POESIA è UNA CITTà
una poesia è una città piena di strade e tombini
piena di santi, eroi, mendicanti, pazzi,
piena di banalità e roba da bere,
piena di pioggia e di tuono e di periodi
di siccità, una poesia è una città in guerra,
una poesia è una città che chiede a una pendola perché,
una poesia è una città che brucia,
una poesia è una città sotto le cannonate
le sue sale da barbiere piene di cinici ubriaconi,
una poesia è una città dove Dio cavalca nudo
per le strade come Lady Godiva,
dove i cani latrano di notte, e fanno scappare
la bandiera; una poesia è una città di poeti,
per lo più similissimi tra loro
e invidiosi e pieni di rancore…
una poesia è questa città adesso,
cinquanta miglia dal nulla,
le 9.09 del mattino,
il gusto di liquore e delle sigarette,
né poliziotti né innamorati che passeggiano per le strade,
questa poesia, questa città, che serra le sue porte,
barricata, quasi vuota,
luttuosa senza lacrime, invecchiata senza pietà,
i monti di roccia dura,
l’oceano come una fiamma di lavanda,
una luna priva di grandezza,
una musichetta da finestre rotte…
una poesia è una città, una poesia è una nazione,
una poesia è il mondo…
e ora metto questo sotto vetro
perché lo veda il pazzo direttore,
e la notte è altrove
e signore grigiastre stanno in fila,
un cane segue l’altro fino all’estuario,
le trombe annunciano la forca
mentre piccoli uomini vaneggiano di cose
che non possono fare.
§
SEGNALI STRADALI
i vecchi fanno un gioco
nel parco che si affaccia sul mare
spingendo le piastrelle sul cemento
con un bastone di legno.
giocano in quattro, due per squadra
e altri 18 o 20 stanno seduti al
sole e stanno a guardare
me ne accorgo andando
verso i gabinetti pubblici
mentre mi aggiustano la macchina.
c’è un vecchio cannone nel parco
arrugginito e inutile.
sei o sette barche a vela solcano
il mare sottostante
finisco i miei bisogni
esco
e stanno ancora giocando.
una delle donne ha le guance troppo truccate
porta le ciglia false e fuma
una sigaretta.
gli uomini sono molto magri
molto pallidi
portano orologi che gli feriscono
il polso.
l’altra donna è molto grassa
e ridacchia
ogni volta che fanno un punto
alcuni di loro hanno la mia età.
mi fa schifo
il loro modo di aspettare la morte
con la passione
di un segnale stradale.
questa è la gente che crede alla pubblicità
questa è la gente che compra la dentiera a credito
questa è la gente che celebra le feste comandate
questa è la gente che ha i nipoti
questa è la gente che vota
questa è la gente che vuole il funerale
questi sono i morti
lo smog
la puzza nell’aria
i lebbrosi.
così sono quasi tutti
in fondo.
meglio i gabbiani
meglio le alghe
meglio la sabbia sporca
se potessi rivolgere quel vecchio cannone
contro di loro
e farlo funzionare
lo farei.
mi fanno schifo.
§
PARTITA A SCOPA
una delle cose più terribili è
davvero
stare a letto
una notte dopo l’altra
con una donna che non ha più voglia
di scopare.
invecchiano, non sono più tanto
belle – tendono persino
a russare, buttarsi
giù.
così, a letto, a volte ti giri,
il tuo piede tocca il suo –
dio, che orrore! –
e la notte è la fuori
dietro le tendine
e insieme vi suggella
nella
tomba.
e la mattina vai in bagno,
parli, attraversi il corridoio,
dici strane cose; le uova friggono,
partono i motori.
ma seduti l’uno di fronte all’altro
hai 2 estranei
che si ficcano in bocca il pane tostato
che si bruciano col caffè bollente la gola risentita
e l’intestino.
in dieci milioni di case americane
è lo stesso –
vite stantie appoggiate
l’una all’altra
e nessun posto
dove andare.
sali in macchina
e vai a lavorare
e là ci sono degli altri sconosciuti, quasi tutti
mogli e mariti di qualcun altro,
e oltre alla ghigliottina del lavoro,
flirtano, scherzano e si danno pizzicotti,
tendendo qualche volta
a farsi in qualche posto una rapida scopata –
a casa non possono farlo –
e poi
tornano a casa
ad aspettare il Natale o il Labor Day
o la domenica
o qualcosa.
§
NON RESTITUIRE AL MITTENTE
La buona notizia è che sono
deperibile,
mentre la lumaca striscia sotto
la foglia,
mentre la dama nel caffè
ride una falsa risata,
mentre la Francia brucia
un crepuscolo di porpora.
sono deperibile
e questo è il bello,
mentre il cavallo scalcia
un asse della stalla,
mentre ci affrettiamo verso
il paradiso,
io sono piuttosto deperibile.
metti le scarpe sotto
il letto
allineate.
mentre ulula il cane
l’ultima rana sbuffa
e salta.
§
UOMO E DONNA A LETTO ALLE 10 POMERIDIANE
Mi sento come una scatola di sardine, disse lei.
Mi sento come un cerotto, dissi io.
Mi sento come un panino al tonno, disse lei.
Mi sento come un pomodoro a fette, dissi io.
Mi sento come se stesse per piovere, disse lei.
Mi sento come se l’orologio s’è fermato, dissi io.
Mi sento come se la porta fosse aperta, disse lei.
Mi sento come se stesse per entrare un elefante, dissi io.
Mi sento che dovremmo pagare l’affitto, disse lei.
Mi sento che dovresti trovare lavoro, disse lei.
Non me la sento di lavorare, dissi.
Mi sento che di me non te me ne importa, disse lei.
Mi sento che dovremmo far l’amore, dissi io.
Mi sento che l’amore l’abbiamo fatto fìn troppo, disse lei.
Mi sento che dovremmo farlo più spesso, dissi io.
Mi sento che dovresti trovare lavoro, disse lei.
Mi sento che dovresti trovare lavoro, dissi io.
Mi sento una gran voglia di bere, disse lei.
Mi sento come una bottiglia di whisky, dissi io.
Mi sento che finiremo come due ubriaconi, disse lei.
Mi sento che hai ragione, dissi io.
Mi sento di mollare tutto, disse lei.
Mi sento che ho bisogno d’un bagno, dissi io.
Anch’io mi sento che hai bisogno d’un bagno, disse lei.
Mi sento che dovresti lavarmi la schiena, dissi io.
Mi sento che tu non mi ami, disse lei.
Mi sento che ti amo, dissi io.
Mi sento quel coso dentro adesso, disse lei.
Anch’io sento che adesso quel coso è dentro di te, dissi io.
Mi sento che adesso ti amo, disse lei.
Mi sento che ti amo più di te, dissi io.
Mi sento benone, disse lei, ho voglia di urlare.
Mi sento che non la smetterei più, dissi io.
Mi sento che ne saresti capace, disse lei.
Mi sento, dissi io.
Mi sento, disse lei.
§
FOTTERE
si sfilò il vestito
dalla testa
e vidi le sue mutandine
infilarsi un po’
nell’inguine.
è umano.
adesso dobbiamo farlo.
devo farlo
dopo tutta quella scena.
è come una festa –
due idioti
in trappola.
sotto le lenzuola
dopo che ho spento
la luce
ha ancora le mutande
addosso. si aspetta
un’ouverture.
non la condanno. ma
perché è qui con
me? dove sono gli
altri? come si fa a essere
così fortunati? aver qualcosa che gli altri
hanno abbandonato?
non dovevamo farlo
eppure dovevamo.
quasi come
guadagnare nuova credibilità
presso l’esattore
delle tasse. le sfilai le mutandine.
decisi di non
slinguarla. anche in quel momento penso
a quando sarà finita.
dormiremo insieme
stanotte
cercando di inserirci
nella carta da parati.
tento, fallisco,
noto i suoi
capelli
noto soprattutto i suoi
capelli
e una visione fugace di
narici
porcine
ci
riprovo.
§
Sì Sì
Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terra
Quando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempo
Ha fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo.
§
GLI ALIENI
puoi pure non crederci
ma c’è della gente
che attraversa la vita con molto poco
attrito o angoscia.
vestono bene, mangiano bene, dormono bene.
sono soddisfatti della loro vita familiare.
hanno momenti di dolore
ma tutto sommato nessuno li disturba
e spesso stanno decisamente bene.
e quando muoiono
è una morte facile, solitamente nel sonno.
puoi pure non crederci
ma la gente così esiste.
anche se io non sono uno di loro.
eh no, io non sono uno di loro.
non ci vado nemmeno vicino
a essere uno di loro
però loro sono lì
e io sono qui.
§
CHE TE NE FAI DI UN TITOLO?
Non ce la fanno
i belli muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, corda,
qualunque cosa……..
si strappano le braccia,
si buttano dalla finestra,
si cavano gli occhi dalle orbite,
respingono l’amore
respingono l’odio
respingono, respingono.
non ce la fanno
i belli non resistono,
sono le farfalle
sono le colombe
sono i passeri,
non ce la fanno.
una lunga fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
una fiammata, una bella fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
al sole
i belli si trovano nell’angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio,
e non sapremo mai perché se ne sono andati,
erano tanto
belli.
non ce la fanno
i belli muoiono giovani
e lasciano i brutti alla loro brutta vita.
amabili e vivaci: vita e suicidio e morte
mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole
nel parco.
§
IO PROVOCO UNA CREATIVITÀ NOTEVOLE
lei faceva dei buchi nel divano con le
sigarette
si scolava quasi un litro di whisky prima delle due del pomeriggio
e metteva la radio
a tutto volume
quando c’era la sinfonia.
si atteggiava a grande intellettuale
e l’idea che aveva di intellettuale
era di non andare d’accordo con niente
di quello che dicevo io,
inoltre
a letto non era granché
così mi sono rotto del tutto e le ho detto che era
finita.
adesso mi telefona di continuo.
interurbane.
mi legge le poesie che ha scritto.
ce n’è una su una mosca
anche una mosca può provare dolore,
dice la poesia.
ce n’è un’altra che descrive il modo in cui ha ucciso
un maggiolino. non c’è una legge contro il
maggiolinicidio,
dice la poesia.
poi telefona e mi dice che ha
inviato un racconto a una rivista
e che nel racconto parla male
di me.
vuoi che ti legga il racconto?,
chiede.
no, non importa, dico, e
riattacco.
c’è un’altra donna di mia conoscenza che ha scritto un lungo e sgradevole
racconto
su come ha ammazzato uno scarafaggio con il
piede scalzo.
dovrei farle incontrare.
§
COSA VOGLIONO
Vallejo che scrive sulla
solitudine mentre muore di
fame;
l’orecchio di Van Gogh rifiutato da una
troia;
Rimbaud che scappa in Africa
a cercare oro e trova
un caso incurabile di sifilide;
Beethoven diventato sordo;
Pound trascinato per le strade
in una gabbia;
Chatterton che beve il topicida;
il cervello di Hemingway che cade
nel succo d’arancia;
Pascal che si taglia i polsi
nella vasca;
Artaud rinchiuso coi matti;
Dostoevskij messo al muro;
Crane che si butta da un piroscafo;
Lorca fucilato per strada dalla milizia
spagnola;
Berryman che salta da un ponte;
Burroughs che spara alla moglie;
Mailer che accoltella la sua.
– ecco cosa vogliono:
uno stramaledetto show
un’insegna luminosa
in mezzo all’inferno.
ecco cosa vuole,
quel pugno di
ottusi
incapaci d’esprimersi
prudenti
tetri
ammiratori delle
carnevalate.
§
LA TRAGEDIA DELLE FOGLIE
mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c’era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d’un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all’antica, un burlone capace di scherzare
sull’assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l’uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all’inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell’affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt’e due.
§
DINOSAURIA
nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora morte che se la ride
mentre gli ascensori si rompono
mentre gli orizzonti politici si dissolvono
mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea
mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa
e il sole è mascherato
siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra queste guerre attentamente matte
tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto
in mezzo a bar dove le persone non si parlano più
nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate
siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
nati in mezzo a tutto questo
ci muoviamo e viviamo in tutto ciò
a causa di tutto questo moriamo
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
ingannati da questo
usati da questo
pisciati addosso da questo
resi pazzi e malati da questo
resi violenti
resi inumani
da questo
il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare
siamo nati in questo essere letale triste
siamo nati in un governo in debito di 60 anni
§
ANORMALE
quando facevo le elementari
il maestro ci raccontò la storia
di un marinaio
che disse al capitano:
“La bandiera? Spero di non
vederla più, la bandiera!”
“Molto bene,” gli fu risposto,
“il tuo desiderio
sarà esaudito!”
e lo chiusero nella
stiva
e ce lo tennero,
mandandogli cibo
di sotto
e morì laggiù
senza vederla mai più
la bandiera.
una storia davvero spaventosa
per dei bambini,
molto
efficace.
ma non efficace
abbastanza per
me.
stavo lì seduto a pensare,
bene, è brutto
non vedere la
bandiera,
ma il bello è
non dover vedere
la gente.
però
non alzai la mano
per dir niente del genere.
sarebbe stato ammettere
che non volevo vedere
neppure loro.
ed era vero.
guardavo dritto alla
lavagna
che sembrava migliore
di chiunque.
§
READING DI POESIA
i reading di poesia devono essere una delle cose
più dannatamente tristi al mondo,
il conclave dei patiti e delle patite,
settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno
dopo anno,
invecchiare insieme,
recitare per una minuscola combriccola,
che continua a sperare che il suo talento venga
scoperto,
registrare insieme la serata su nastro o disco,
sudare l’applauso
quando in sostanza ci si legge soltanto
uno con l’altro,
a New York non trovano un editore
e nemmeno
a mille miglia di distanza,
ma le recitano e continuano a recitarle
davanti a madri, sorelle, mariti,
mogli, amici, altri poeti
e davanti al pugno di idioti capitati
lì
da chissà dove.
mi vergogno per loro,
mi vergogno che debbano sorreggersi a vicenda,
mi vergogno del loro ego sfarfugliante,
della loro mancanza di fegato.
se sono questi i nostri creativi,
vi prego, vi prego datemi qualcos’altro:
un idraulico sbronzo al bowling,
un novellino che gioca a pallacorda,
un fantino che tiene fino alla fine il cavallo
in corsa,
un barista all’ultima ordinazione,
una cameriera che mi versa il caffè,
un ubriacone che dorme in un portone abbandonato,
un cane che sgranocchia un osso senza polpa,
una scoreggia d’elefante sotto la tenda di un circo,
un incidente d’autostrada alle 6 di sera,
il postino che mi racconta una barzelletta oscena.
qualunque cosa
qualunque cosa
eccetto
questi.
§
FAGIOLI CON AGLIO
questo è piuttosto importante:
mettere sulla pagina i tuoi sentimenti,
è meglio che radersi
o cucinare fagioli con aglio.
è quel poco che possiamo fare
questo piccolo atto di coraggio introspettivo
e c’è naturalmente
anche pazzia e terrore
nel sapere
che certe parti di te
caricate come un orologio
non possono essere più ricaricate
quando si ferma.
ma ora
c’è un ticchettio sotto la camicia
e rimesti i fagioli con un cucchiaio,
un amore morto, un amore andato
un altro amore…
ah! tanti amori quanti sono i fagioli
si, contali adesso
triste, triste
i tuoi sentimenti che bollono sulla fiamma,
mettili sulla pagina.
§
SEI INCANCELLABILE TU
Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
§
La sanità mentale è un’imperfezione. (Compagno di sbronze – 10 seghe)
§
Come cazzo è possibile che ad un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30 da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere contro il traffico per finire in un posto dove essenzialmente fai un sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato per l’opportunità di farlo? (Factotum)
§
Ci sono delle persone che devono sempre andare da qualche parte; andiamo in barca! Andiamo al cinema! Andiamo a scopare! Andate a cagare tutti quanti, dico sempre io, lasciatemi in pace qui. (Compagno di sbronze – Una pioggia di donne)
§
Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media. (Il Capitano è fuori a pranzo e i marinai prendono il comando)
§
Ci sono delle persone che devono sempre andare da qualche parte; andiamo in barca! Andiamo al cinema! Andiamo a scopare! Andate a cagare tutti quanti, dico sempre io, lasciatemi in pace qui. (Compagno di sbronze – Una pioggia di donne)
§
Pensate a tutte le persone che in vita loro non hanno mai sentito musica decente. Non c’è da meravigliarsi che le loro facce cadano a pezzi, non c’è da meravigliarsi che uccidano senza pensarci due volte, non c’è da meravigliarsi che non abbiano cuore. (Il Capitano è fuori a pranzo e i marinai prendono il comando – 27/2/93, 12:56 AM; 2000, p. 137)
§
Solo un testa di cazzo ha una risposta per ogni domanda e una sporta di consigli. (Storie di ordinaria follia – Rosso come un giaggiolo)
§
Tutti gli scrittori sono dei poveri idioti. È per questo che scrivono. (Musica per organi caldi)
§
La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità. (Hollywood, Hollywood)
§
A volte le cose sono proprio come sembrano, ecco tutto (Pulp)