«Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto…»
E il volto già scomparso
Ma gli occhi ancora vivi
Dal guanciale volgeva alla finestra,
E riempivano passeri la stanza
Verso le briciole dal babbo sparse
Per distrarre il suo bimbo…
2
Ora potrò baciare solo in sogno
Le fiduciose mani…
E discorro, lavoro,
Sono appena mutato, temo, fumo…
Come si può ch’io regga a tanta notte?…
3
Mi porteranno gli anni
Chissà quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato…
4
Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero piú…
5
Ora dov’è, dov’è l’ingenua voce
Che in corsa risuonando per le stanze
Sollevava dai crucci un uomo stanco?…
La terra l’ha disfatta, la protegge
Un passato di favola…
6
Ogni altra voce è un’eco che si spegne
Ora che una mi chiama
Dalle vette immortali…
7
In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio…
8
E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto!…
9
Inferocita terra, immane mare
Mi separa dal luogo della tomba
Dove ora si disperde
Il martoriato corpo…
Non conta… Ascolto sempre piú distinta
Quella voce d’anima
Che non seppi difendere quaggiú…
M’isola, sempre piú festosa e amica
Di minuto in minuto,
Nel suo segreto semplice…
10
Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio…
11
Passa la rondine e con essa estate,
E anch’io, mi dico, passerò…
Ma resti dell’amore che mi strazia
Non solo segno un breve appannamento
Se dall’inferno arrivo a qualche quiete…
12
Sotto la scure il disilluso ramo
Cadendo si lamenta appena, meno
Che non la foglia al tocco della brezza…
E fu la furia che abbatté la tenera
Forma e la premurosa
Carità d’una voce mi consuma…
13
Non piú furori reca a me l’estate,
Né primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,
Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione piú clemente!…
14
Già m’è nelle ossa scesa
L’autunnale secchezza,
Ma, protratto dalle ombre,
Sopravviene infinito
Un demente fulgore:
La tortura segreta del crepuscolo
Inabissato…
15
Rievocherò senza rimorso sempre
Un’incantevole agonia dei sensi?
Ascolta, cieco: «Un’anima è partita
Dal comune castigo ancora illesa…»
Mi abbatterà meno di non piú udire
I gridi vivi della sua purezza
Che di sentire quasi estinto in me
Il fremito pauroso della colpa?
16
Agli abbagli che squillano dai vetri
Squadra un riflesso alla tovaglia l’ombra,
Tornano al lustro labile d’un orcio
Gonfie ortensie dall’aiuola, un rondone ebbro,
Il grattacielo in vampe delle nuvole,
Sull’albero, saltelli d’un bimbetto…
Inesauribile fragore di onde
Si dà che giunga allora nella stanza
E, alla fermezza inquieta d’una linea
Azzurra, ogni parete si dilegua…
17
Fa dolce e forse qui vicino passi
Dicendo: «Questo sole e tanto spazio
Ti calmino. Nel puro vento udire
Puoi il tempo camminare e la mia voce.
Ho in me raccolto a poco a poco e chiuso
Lo slancio muto della tua speranza.
Sono per te l’aurora e intatto giorno».
§
NATALE
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
§
AGONIA
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato
§
VEGLIA
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
§
FRATELLI
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
§
SAN MARTINO DEL CARSO
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
§
LA MADRE
E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra,
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.
§
SOLDATI
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
§
MATTINA
M’illumino
d’immenso.
§
O NOTTE
Dall’ampia ansia dell’alba
Svelata alberatura.
Dolorosi risvegli.
Foglie, sorelle foglie,
Vi ascolto nel lamento.
Autunni,
Moribonde dolcezze.
O gioventù,
Passata è appena l’ora del distacco.
Cieli alti della gioventù,
Libero slancio.
E già sono deserto.
Preso in questa curva malinconia.
Ma la notte sperde le lontananze.
Oceanici silenzi,
Astrali nidi d’illusione,
O notte.
§
NON GRIDATE PIÙ
Cessate d’uccidere i morti,
non gridate più, non gridate,
se li volete ancora udire,
se sperate di non perire.
Hanno l’impercettibile sussurro,
non fanno più rumore
del crescere dell’erba,
lieta dove non passa l’uomo.
§
TUTTO HO PERDUTO
Tutto ho perduto dell’infanzia
E non potrò mai piú
Smemorarmi in un grido.
L’infanzia ho sotterrato
Nel fondo delle notti
E ora, spada invisibile,
Mi separa da tutto.
Di me rammento che esultavo amandoti,
Ed eccomi perduto
In infinito delle notti.
Disperazione che incessante aumenta
La vita non mi è piú,
Arrestata in fondo alla gola,
Che una roccia di gridi.