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Billy Collins – Consiglio agli scrittori
CONSIGLIO AGLI SCRITTORI
Anche se ti tiene in piedi per tutta la notte,
lava a fondo le pareti e pulisci i pavimenti
dello studio prima di comporre una sillaba.
Pulisci come se il Papa stesse arrivando.
Il candore è nipote dell’ispirazione.
Più pulisci, più brillante
sarà la tua scrittura, e allora non esitare a prendere
per i campi e a sfregare il fondo
dei sassi o spolverare sui rami più alti
della buia foresta i nidi pieni di uova.
Quando ritroverai la strada di casa
e riporrai spugne e spazzole sotto il lavello
vedrai alla luce dell’alba
l’altare immacolato della tua scrivania,
una superficie pulita al centro di un mondo pulito.
Da un vasetto, azzurro splendente, solleva
una matita gialla, la più appuntita del mazzo,
e ricopri pagine di piccole frasi
come lunghe file di fedeli formiche
che ti hanno seguito fin qui dal bosco.
Advice to Writers
Even if it keeps you up all night,
wash down the walls and scrub the floor
of your study before composing a syllable.
Clean the place as if the Pope were on his way.
Spotlessness is the niece of inspiration.
The more you clean, the more brilliant
your writing will be, so do not hesitate to take
to the open fields to scour the undersides
of rocks or swab in the dark forest
upper branches, nests full of eggs.
When you find your way back home
and stow the sponges and brushes under the sink,
you will behold in the light of dawn
the immaculate altar of your desk,
a clean surface in the middle of a clean world.
From a small vase, sparkling blue, lift
a yellow pencil, the sharpest of the bouquet,
and cover pages with tiny sentences
like long rows of devoted ants
that followed you in from the woods.
(da “In vela, in solitaria, attorno alla stanza”)
San Paolo – Inno alla Carità (1Corinzi 13,1-13)
*(Nella traduzione dal greco “Carità” ha significato di “Amore Universale”.)

copy of 19th century photograph of 1 Corinthians 13 in Codex Vaticanus
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Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’Amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
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E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l’Amore, non sono nulla.
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E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi l’Amore, niente mi giova.
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L’Amore è paziente, è benigno l’Amore; non è invidioso l’Amore, non si vanta, non si gonfia,
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non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
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non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
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Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
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L’Amore non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
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La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
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Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
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Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato.
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Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.
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Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l’Amore; ma di tutte più grande è l’Amore!
*“Carità è il termine religioso per dire amore. Questo dunque è un inno all’amore, forse il più celebre e sublime che sia mai stato scritto.
Quando apparve sulla scena del mondo il cristianesimo, l’amore aveva avuto già diversi cantori. Il più illustre era stato Platone che aveva scritto su di esso un intero trattato. Il nome comune dell’amore era allora eros (da cui il nostro erotico ed erotismo). Il cristianesimo sentì che questo amore passionale di ricerca e di desiderio non bastava a esprimere la novità del concetto biblico. Perciò evitò del tutto il termine eros e ad esso sostituì quello di agape, che si dovrebbe tradurre con dilezione o con carità, se questo termine non avesse acquistato ormai un senso troppo ristretto (fare la carità, opere di carità).
La differenza principale tra i due amori è questa. L’amore di desiderio, o erotico, è esclusivo; si consuma tra due persone; l’intromissione di una terza persona significherebbe la sua fine, il tradimento. A volte perfino l’arrivo di un figlio riesce a mettere in crisi questo tipo di amore. L’amore di donazione, o agape, al contrario, abbraccia tutti, non può escludere nessuno, neppure il nemico. La formula classica del primo amore è quella che sentiamo sulle labbra di Violetta nella Traviata di Verdi: “Amami Alfredo, amami quant’io t’amo”. La formula classica della carità è quella di Gesù che dice: “Come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri”. Questo è un amore fatto per circolare, per espandersi. Un’altra differenza è questa. L’amore erotico, nella forma più tipica che è l’innamoramento, per sua natura non dura a lungo, o dura soltanto cambiando oggetto, cioè innamorandosi successivamente di diverse persone. Della carità invece S. Paolo dice che “rimane”, anzi è l’unica cosa che rimane in eterno, anche dopo che saranno cessate la fede e la speranza.
Tra i due amori però – quello di ricerca e quello di donazione –, non c’è separazione netta e contrapposizione, ma piuttosto sviluppo, crescita. Il primo, l’eros, è per noi il punto di partenza, il secondo, la carità, il punto di arrivo. Tra i due c’è tutto lo spazio per una educazione all’amore e una crescita in esso. Prendiamo il caso più comune che è l’amore di coppia. Nell’amore tra due sposi, all’inizio prevarrà l’eros, l’attrattiva, il desiderio reciproco, la conquista dell’altro, e quindi un certo egoismo. Se questo amore non si sforza di arricchirsi, cammin facendo, di una dimensione nuova, fatta di gratuità, di tenerezza reciproca, di capacità di dimenticarsi per l’altro e proiettarsi nei figli, tutti sappiamo come andrà a finire.
Il messaggio di Paolo è di grande attualità. Tutto il mondo dello spettacolo e della pubblicità sembra impegnato oggi a inculcare ai giovani che l’amore si riduce all’eros e l’eros al sesso. Che la vita è un idillio continuo, in un mondo dove tutto è bello, giovane, sano; dove non c’è vecchiaia, malattia, e tutti possono spendere quanto vogliono. Ma questa è una colossale menzogna che genera attese sproporzionate, che, deluse, provocano frustrazione, ribellione contro la famiglia e la società, e aprono spesso la porta al crimine.
[…]”
(Testo di padre Raniero Cantalamessa)
Giuseppe Ungaretti – In memoria
IN MEMORIA
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Locvizza – 30 settembre 1916