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da “IL TRENO PER PARIGI” – 1987
IN QUESTE QUIETE CITTA’
In queste quiete città
quasi non passa un giorno senza un morto
ed era un amico, uno che conoscevi.
Aveva campi lunghi d’infanzia:
vendemmie
nevicate
giorni passati al fiume.
La vita adesso ha fotogrammi veloci,
come in un film di Ridolini.
E ti accorgi che il bagaglio dell’anima è misero,
fragile la fede…
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LA MIA BALBETTANTE POESIA
Puntuale e illusoria
come una falce di luna,
ecco il mio cielo
la balbettante poesia,
nella stagione che intorbida i fiumi,
le donne hanno il passo del vento,
il mondo si smemora e ride.
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LA MIA ANIMA E’ UN TARLO
La mia anima è un tarlo che avvita
gallerie di solitudine.
Avanzo come uno speleologo,
in cerca della caverna più segreta,
l’utero, forse, e le sue acque amniotiche.
Una follia senile allegramente mi sospinge,
allineo come un bambino i miei perché.
Conosco me stesso nel morire.
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SI SPOGLIA LENTAMENTE
Si spoglia lentamente,
è il suo mestiere,
si offre senza infingimenti al tuo piacere.
A mezzo di una carezza la scopri trasognata:
come un battito d’ali,
improvvisa la percorre una tristezza.
Poi si ninnola in un sorriso
che la ripara.
E ti confonde.
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TU SEI L’ANATRA ASTUTA
Tu sei l’anatra astuta
che ha evitato il piombo,
e segui una tua rotta tenera e folle.
Io sono il cacciatore nero di palude,
rimasto col suo schioppo,
come un pirla in piazza del Duomo.
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QUASI CIECO
Quasi cieco
un po’ sordo,
anosmico,
ageusico (vuol dire che non sento i sapori),
ho egualmente un radar,
regalo di Dio,
quando si avvicina il passo
di una bella donna.
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UN PICCOLO BISTRO’
Un piccolo bistrò lungo la Senna,
i vetri appannati,
una stufa brontolona.
Ti scalderò le mani
e le ginocchia.
Chiudono tardi qui.
Troverò il tempo di scaldarti tutta.
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SALE NERA LA LUNA
Sale nera la luna,
vanno lievi le nubi,
scuri i cigni nel lago del cielo.
Com’è esangue il tuo viso,
come batte il tuo cuore.
Sale nera la luna.
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COME UN BRUTTO FIUME
Come un brutto fiume
lungamente sotterrato,
improvvisa emerge
per guerre e per follie,
la nostra crudeltà.
E si fa beffe del nostro angelo garbato,
con tanta pazienza costruito.
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CULTURA UMANISTICA
L’uomo è un sistema di tubi,
di pompe,
di liquidi,
di gas.
E’ anche mistero dell’anima,
assurdo dell’amore,
ombra della follia.
Per questo non è inutile
che il medico abbia amato Saffo
ed Omero.
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IL RITO DELL’ AMORE
In penombra,
le anime complici dei corpi,
nel mistero di un rito.
Agli albori del mondo.
Ai suoi bagliori di morte.
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LE VITE DELL’ANIMA
Dentro lo scafandro del corpo l’anima
ha vite molteplici.
Si illumina la sera, all’ultimo fuoco del fiume,
esulta al giorno festoso di voci,
si fa grumo di disperazione
sotto gli alti muri della solitudine.,
barca lucente di Ra’,
quando corre alla foce.
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DOMINE LIBERA NOS A MALO
C’è una linea di tempesta,
di naufragi e di gridi,
dove angeli e demoni si azzuffano,
per la nostra salvezza o perdizione.
E poi un limbo dove non è più vita
e non è ancora morte.
Vecchi trasparenti, inaffondabili,
approdano a quest’isola senza tempo.
Domine libera nos a malo.
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POMERIGGI
Pomeriggi afosi del Monferrato.
I vecchi sprofondati nel sonno,
i giovani nei campi.
Io solo con le lucertole,
con i loro occhi a spillo.
Pomeriggi lunghi.
Prima che palpitassero le stelle,
sull’aia rifiorissero parole.
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AMORE IN PENOMBRA
Ci incontriamo di sera
per amori in penombra,
e di te scopro poco
oltre la bellezza del corpo nudo.
La tua voce che arpeggia
bugie quasi vere.
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GABRIELA D’ANNUNZIO
I mugolii
i dispetti
i profumi mortiferi
gli specchi.
Gabriela,
che incidente l’anagrafe.
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IL MICROBIOLOGO
L’alitosi del microbiologo
mi stupì.
Lui esperto di Serratia Marcescens,
così tanfante,
così sorvolante
su fauna e flora del suo cavo orale.
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C’E’ QUALCUNO CHE ESAGERA A VOLTE
Sommessa vicenda è la vita,
miliardi di queste vicende
non fanno rumore.
C’è qualcuno che esagera a volte,
si crede al centro del mondo.
Siamo superflui ecco tutto,
l’uomo appena scalfisce la storia.
E’ importante la vicenda del mare,
la vicenda del cielo.
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SBADIGLIA UN SEMAFORO
Sbadiglia un semaforo,
incombono palazzi,
barcolla un ubriaco.
Si dilata la notte,
si fa grande.
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PER DECENZA
Non mi giudichi strano,
signora,
se mi muovo ingobbito-inclinato.
Non sono un bonzo di nuove religioni,
e non soffro di strane malattie.
Si è schiantata la lampo ai pantaloni:
avanzo così, per decenza.
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FISICITA’
Mi intrido di luce del giorno,
mi ammantello con l’ombra della sera.
Ascolto fluire il mio sangue,
il mio respiro.
Mi imbozzolo nella notte,
come un buon animale.
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UN MALE AL GIORNO (A VOLTE DUE)
Ogni giorno un nuovo male:
orticaria
cefalea
stitichezza
mestruazioni dolorose.
Via via quotidianamente tutta la patologia,
a volte curiosamente doppia:
freddo ai piedi e fuoco al deretano.
Verrà un giorno, un unicum,
di completa salute.
La luna sarà verde,
i galli faranno le uova.
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FONDALI
Si schiudono corolle,
vagine dolcemente deflorate,
rumori ovattati,
palestra di pugilato per un sordo,
colori verde viola muschio,
rosso sangue, bianco d’obitorio.
Musi di pesci ti studiano,
come croupier di Macao.
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UN BAMBINO INFELICE
Vi dirò una cosa terribile:
non li amo.
Loro mi preparano pappine
marmellate calze di lana.
Mi ninnano
mi imborotalcano
mi spalancano il futuro.
Prevedono che mi farò santo.
Io non so piangere non posso.
Sono un piccolo mostro soffocato dagli affetti.
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TU HAI PERSO LA STRADA
Tu hai perso la strada, regredisci,
ti consumi,
torni al bianco del polo,
sfumi nei suoi ghiacci.
Resta la tua sagoma vestita,
che si inchina,
sorride,
si comporta bene.
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VITE PARALLELE
Molte acque sprofondano
in lunghissime corse sotterranee,
e cantano ai fossili attoniti,
che presto eromperanno nella magia di una sorgente.
Con la voce del mare rispondono i fossili:
fra milioni di anni rivedremo la luce,
e gli occhi curiosi di un uomo di scienza
ritroveranno il filo della nostra storia.
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A LUCIA
La voce un po’ roca,
la bella fronte in corruccio,
gli occhi di angelo corrotto,
il tuo corpo di danzatrice indiana.
Dopo la battaglia d’amore,
la zuffa delle bocche
ginocchi culi addomi
quasi morto vicino a te,
medicherò le tue ferite dell’anima
con lunghe carezze
dolcissime parole.
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LA MIA MOROSA HA DETTO NO!
No! No!
E io cocciuto spererò fin sotto la sua porta.
Me ne andrò come un bambino battuto,
parlerò con il mare questa sera,
e con il vento.
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VESTITI D’ARIA E DI LUCE
Vestiti d’aria e di luce,
camminami davanti,
per strade tortuose e ammuffite
conducimi al porto,
festoso di luci e di bandiere.
Qui l’orizzonte bruno può farsi di fuoco,
ad un gioco del vento ti scarmigli tutta,
e ridi smemorata…
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AL MIO AMICO ADRIANO
E’ tempo ormai di incontrarci
di là di là dai cancelli.
Avremo grandissimi occhiali,
i capelli un po’ radi,
le giacche un po’ larghe
( ricordi la fame al collegio?).
Diremo, diremo di quel che la vita ci diede,
di quel che la vita ci tolse
( so bene che mimo Gozzano).
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AL CIMITERO
Devo andare più spesso al cimitero,
a palpare la sua terra bruna,
farmela scivolare tra le dita,
a guardare le erbe dei piccoli prati.
E poi devo conoscere gli abitanti,
ritrovare una folla di amici.
Sentirò voci lontanissime e profonde,
altre, più vicine, bisbiglieranno
dentro il vento che pettina i fiori.
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AMORE GIOVANILE
Sono lo spettatore
delle tue burrasche
e delle tue bonacce.
Sto alle rive del tuo cuore,
come un ragazzino pescatore
sogno un piccolo pesce
dal tuo mare.
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A MIO PADRE
Mi resta il ricordo dei tuoi passi,
qualche fotografia che si scolora…
Ti tengo vivo con accanimento,
ho raccolto il tuo giorno di luce.
Non ha vinto la notte.
Non ancora.
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A UNO SCHIZOFRENICO INCONTRATO PER STRADA
Ti chiedo scusa per essermi voltato,
per averti guardato con curiosità,
come un animale d’altra razza.
E tu non sai come ti sono accanto,
con la mia follia appena imbrigliata,
la mia precaria lucidità…
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ERNESTO
Non avevo mai pensato che mio cugino fosse là,
Ernesto l’avaro, cacciatore di frodo,
lavoratore accanito,
nel piccolo cimitero di montagna.
A sgretolarsi,
a rifiorire.
Chi sa.
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CONGEDO
Se la mia corazza avesse una crepa,
tu dilagheresti con lo squallore
e la noia dei ritmi di famiglia.
Ho l’orgoglio e la tristezza
di un orso solitario.
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CURRICULUM
Gioventù di sensazioni,
gioco di delfini,
odore della pioggia,
amore dolcissimo e crudele.
Una maturità di cedimenti,
soldi
regole
carriera.
Un autunno di dubbi finalmente,
di bellezze ineffabili e precarie, di mistero.
Con molta curiosità
ci prepariamo a morire.
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DICO A ME STESSO
Dico a me stesso: non blaterare più!
Torna alle origini, alla razza monferrina,
ai suoi mugugni, alla bestemmia breve.
Oppure transita come un lord,
in un silenzio d’oro…
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DORMI DA TEMPO
Sei la nebbia,
il grido dei corvi,
la campagna fulminata dal gelo.
Dormi da tempo,
troppa terra ti pesa sul cuore.
Non ti dispiacerà
se evocheremo il tuo nome,
una tua piccola resurrezione,
in questa sera tra amici,
sotto il pergolato frusciante,
a parlare di donne.
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ERI TU
Eri tu che salutavi dai pontili
un punto all’orizzonte,
un’allucinazione nel muro della sera…
Eri tu che salutavi alle stazioni con occhi di pianto,
restava di te solo un profumo,
la traccia di un fantasma…
Tuo il volto incontrato nella folla e subito perduto,
scheggiato in mille volti…
Adesso che la vita si è fatta filo tenue,
inconsistenza,
ancora ti cerco e ti credo,
così lontano nel folto della bruma,
così dolce viso dell’amore.
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I CARRI DELLA VITTORIA
I carri della vittoria sono sempre
un po’ sbilenchi,
un amen e sei col culo a terra.
La gloria è passeggera.
Non farla anche ridicola.
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IL MERLO
La stagione è al suo colmo,
un proluvio di fiori di frutti di foglie.
Sull’asfalto il giallo del becco,
la macchia nera di un merlo schiacciato.
Nella festa c’è sempre un gabbato.
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IL MIO CANE
Frutto di multiformi incroci,
di violenze cedimenti emergenze,
ha forme corporee discutibili.
L’occhio ha luce di pazienza araba,
di astuzia levantina,
di fedeltà canina.
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IL PONTE DI RIALTO
Aspetta il tuo sorriso
il ponte di Rialto,
i tuoi occhi
il tuo passo
la tua voce.
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I SANTONI DI BENARES
Il grande caldo,
il lento fiume,
i roghi,
i neri corvi nell’azzurro cielo:
con le palpebre socchiuse
meditano i santoni di Benares
( ma è possibile che dormano).
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IL TRENO PER PARIGI
In una voragine d’ombra,
sotto il ponte alto di Exilles.
Ecco, lassù, le luci del treno per Parigi,
ai finestrini i visi da cammeo
delle signore francesi,
maestre di lussuria,
( immaginarle era più bello che vederle).
Poi eravamo soli nella notte,
con il cuore in tumulto,
il nostro cuore di ragazzi
venuti per viottoli e per rovi
a spiare il peccato…
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IL MIO IRRAZIONALE
Tu sei il mio radar,
il catino della pitonessa,
le viscere dell’agnello.
Il mio irrazionale che legge tra le righe,
prende la vita di petto di sguincio,
la sfiora l’agguanta,
animale atterrito e felice.
Una lepre nell’erba alta,
scampata a un’insidia,
ha orecchie come periscopi.
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I NERI SIMBOLI DELLA MORTE
I grandi ragni, i mosconi,
neri simboli della morte,
per quanto li schiacciamo,
resta la loro ombra sul bianco del muro.
Un monito,
se ci venisse voglia di scherzare.
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LA CURVA DEL TUO VENTRE
La curva del tuo ventre
prepara la gloria del pube.
Il tuo uomo di oggi è frettoloso,
non sa che la tua bellezza più riposta
è un giardino che emerge in un giorno di nebbia,
lentamente,
il fiore profumato è nel folto delle foglie,
e occorre spostarlo dolcemente,
dolcemente.
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LA CUOCA
Preparerebbe un pranzo all’orlo di un vulcano,
spiedini alla brace;
nel cuore di un naufragio
salverebbe i suoi tegami.
La ritroverò anche all’inferno,
lunare, ingrembiulata, con una grande gala alla vita
barbabietole e cavoletti di Bruxelles,
i menù della mia dannazione.
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LA FANTESCA-POESIA
Devo spazzare gli angoli bui della memoria,
attendere il dormiveglia come un ladro,
inseguire nel sonno una fantesca-poesia
che non vuole, non vuole, proprio non ci sta
e poi mi lampeggia con lo sguardo,
che sì, se l’afferro giacerà
un minuto con me avanti l’alba,
prima che il giorno distrugga l’incantesimo.
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LA FELICITA’
La felicità mi sfiora.
Mi lascio ghermire a metà.
Mi spaventa.
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LA FOLLIA
Quel tuo zufolare lieve
nel cuore di discorsi seri,
intempestivo in verità,
però simpatico,
come a dire: ragazzi non facciamo troppo i saccenti
prendiamoci un intervallo
la vita è breve…
Quel tuo zufolare si fece eccessivo,
continuo,
e credevi di essere un merlo,
quando due infermieri ti portarono via.
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LA LETTAIUOLA
Le poppe in aria,
gli occhi che affiorano in una nube di capelli,
in arcioni del maschio,
lei si sente una Giovanna d’Arco.
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LA POLVERE DEL PIRIMPIMPIM
Costa carissima la polvere del pirimpimpim
( qualche poeta la possiede).
non ha prezzo in soldi,
si paga con lunghe malattie,
desolazioni,
felicità da saltimbanchi e da straccioni,
bevute protratte e colossali,
sifilidi, follie.
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LA TUA PIROGA MI STA LASCIANDO
Mia madre è un piccolo scheletro che respira a fatica,
i grandi occhi già bevono altra luce.
Io sono un animale di terra
e ho un gran freddo nelle ossa.
La tua piroga, madre, mi sta lasciando,
sta lasciando le rive del mondo.
Bellissimi angeli rematori la conducono.
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LE PAROLE A VOLTE
Le parole a volte sono necessarie,
nascono come fiori stupiti d’esser vivi,
prendono linfa dalle radici del cuore.
Le parole muoiono a volte
come fiori che reclinano il capo,
quando capisci che non ti ascoltano più.
Tornano nell’alveo, dove sono tutte confuse
e hanno la potenza del seme.
Qualcuno un giorno le farà rinascere.
Avranno ancora la bellezza di un fiore.
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LE POSSIBILITA’
Le possibilità
spesso giacciono sotto la cenere
fino al momento della morte.
Allora le disseppellisce un angelo,
per far posto alle possibilità dei nuovi nati.
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L’INVERNO COMPATTO
L’inverno compatto ha qualche crepa,
è vena di un azzurro che è un’attesa.
Canterà una donna con i capelli sciolti,
sarà la voce della primavera.
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L’OMBRA DI QUELLA CROCE
L’ombra di quella croce,
l’alfa di quel cielo.
Solo così il nostro omega
ha un senso,
il nostro alfabeto un suono.
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MIO FIGLIO
Mi presenta agli amici con orgoglio
di cucciolone,
imporporandosi un poco.
Ci lega il filo della razza,
oscura serpe di moti dell’anima,
gesti che si tramandano, paure…
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NELLA VASTA ANTOLOGIA
Sui cuscini rossi dell’alba,
nella vasta antologia,
un dio sfoglia pensoso la tua morte:
volgare polmonite,
aristicratico mieloma,
più raffinata panarterite nodosa.
un angelo-killer sibila in picchiata.
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NESSUNO SA
Tutti sanno che io amo
la donna bruna con le labbra carnose,
la bionda con la lunga treccia,
la rossa con le efelidi sul naso
e gli occhi sbarazzini.
Nessuno sa che le incarnavi tutte,
tu che adesso
ti conforti in una bella casa,
con amici raffinati
e abiti sontuosi:
al crepuscolo, all’ultimo
garrire delle rondini,
ti accosti alla finestra
e guardi lontano,
molto lontano,
dove non è possibile tornare.
E gli amici ti pensano bizzarra.
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PAESAGGIO
Una striscia di terra tra due lagune,
e nebbia su noi che camminiamo
con i morti, con i non nati, con quelli che verranno.
A volte, con grandi feste ci salutiamo.
E ci amiamo anche, per poco o lungo tempo.
Sui fondali forse vibrano alghe,
molti dicono di udirne la voce ovattata, misteriosa,
dolcissima.
∼
PER IL SUICIDIO DI UN AMICO
Come un pugile sul ring,
sballottato alle corde
accecato dalle luci,
mille facce mostruose fuse in un urlo,
come un pugile cerca scampo nel buio di un uppercut,
così qualcuno di noi sprofonda nella notte.
E sempre fiorisce lo stupore di una voce.
eppure aveva tutto,
perché lo ha fatto?
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QUESTI CULI
Questi culi
di donne calabresi,
carnosi frutti di stagione breve.
Ah sciupio, ah peccato!
così presto spampanati.
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RICORDARE TUTTO E PER SEMPRE CI UCCIDEREBBE
Il passato spesso ci abbandona,
una canoa quietamente si allontana,
scompare nell’ombra della sera.
Affiorano isolotti di memoria,
lampeggiano fari,
uccelli fulminei perforano le nubi.
∼
SE CI RICORDASSIMO
Se ci ricordassimo che il cuore è un muscolo,
il cervello una poltiglia,
e l’intestino non è spettacolo per signore delicate,
che tutto questo è il nostro supporto,
la conditio sine qua non
per il mestiere di uomini,
allora l’alta cittadella dei nostri pensieri
avrebbe un soffio di concretezza,
una ventata di modestia.
∼
HA CHIAMATO
Ha chiamato.
Nessuno lo ha sentito.
Chiuse le finestre.
Spente le luci.
Sulla zattera della notte
la sua anima era sola.
Così alte le stelle.
Così lontane.
∼
NELL’ALBA DI PRIMAVERA
Nell’alba di primavera,
il rantolo di mia madre si è fatto più lieve,
si è spento.
Nel giardino gli uccelli
cominciano a cantare.
Non c’è pausa
non c’è sbigottimento.
∼
SUORE DI CLAUSURA
Come cupi fiori del bosco
si ammantellano le suore.
Crani rasati
efelidi
biancori:
solo Cristo
li vede
nelle celle.
∼
UN TELEGRAMMA
Un telegramma
una fucilata
una folgorazione
( una via di Damasco),
qualcosa di perentorio
che spacchi questa coltre di afa,
sotto la quale boccheggiamo,
non abbastanza per morire.
∼
POESIA
Poesia,
sorella della follia e della religione,
dolcissimo orrendo poggio
per guardare il mondo.
Laggiù, tra i tanti,
ecco il mio pupazzetto che si sbraccia
combatte, si illude.
∼
LA DEPRESSIONE
Sei un po’ matto! si diceva.
E, se ti andava male, finivi al manicomio.
Adesso si sa
che la depressione
ha una sostanza biochimica.
E il depresso è quasi felice
in questo alone di serietà.
∼
OROLOGIO
Orologio,
piccolo mostro di metallo,
freddo funzionario al servizio
della fisica,
gioia e dolore non affrettano
il tuo passo sul quadrante.
Com’è patetico il cuore.
∼
FUGGEVOLI INCONTRI
Memoria.
Ed erano rotondi peccati
commessi in allegria.
Le nostre avvizzite tentazioni
trottano all’Ave Maria.
Neri fagotti ci salutano appena
con un rimprovero negli occhi.
∼
IL CERCHIO SI CHIUDE
Si chiude sempre il cerchio,
come un girotondo di bambini,
galoppo di cosacchi intorno a spauriti prigionieri.
Da sempre si cercano gli opposti,
sbaragliano il vuoto e le distanze,
si abbracciano, si uccidono, si fondono.
Siamo entrati per sbaglio nella vita,
come un attore impreparato sulla scena;
vorrebbe fuggire,
farsi piccolo, sparire.
Dal buio della sala mille occhi
lo perforano.
Gli spilloni trafiggono una farfalla,
polvere di farfalle sfarina nelle bacheche
della memoria.
Muore così la bellezza.
∼
IL BURATTINAIO
Un ControDio,
una potenza del male:
è Lui il burattinaio della follia,
è Lui che blocca le sinapsi,
che confonde i mirabili circuiti del cervello.
E’ Lui che crea il caos,
dove una biochimica perfetta
cantava l’ordine di Dio.
E’ Lui il ControDio,
che tutti i pazzi del mondo maledicono,
non più dietro le sbarre dei manicomi
imbottiti di psicofarmaci,
dentro le catene della loro anima.
∼
TU
Hai sempre un posto per me,
nei tuoi pensieri,
un pane fresco preparato sul tavolo, per me.
Un pianto per me
nascosto,
nel tuo dolore.
il primo sorriso,
solo per me, nella tua gioia.
∼
UN PAESE DI NOTTE, DALL’ALTO
Gregge di luce intorno a un campanile.
Un minimo punto è la tua casa,
scrigno dei tuoi sogni.
∼
TRASCINATE ORME
Trascinate orme di piombo
vanno verso il fiume,
e non vi è traccia di ritorno.
Ad alta riva riemergono,
forse,
leggere
giocose
bizzarre,
e corrono a una musica, a una luce.
∼
ANDREMO
Io e te: io che non riesco a distruggermi,
e tu che muti volto e voce,
e forse neppure esisti,
sei solo lo specchio,
l’eco della solitudine.
∼
E’ PASSATO MOLTO TEMPO
L’uva era importante e il ribes,
i fossi e le libellule.
Il giorno si dilatava
dall’alba lattescente
ad un tramonto di fuoco.
Poi ci siamo smarriti.
E’ passato molto tempo.
∼
A VENT’ANNI
Si muore per sbaglio a vent’anni,
o per eccesso d’amore.
Non ci si prepara a morire.
E’ come saltare un fosso,
una siepe.
∼
UNA VACCONA
Una vaccona,
in senso caseario:
lentezze, odori grevi.
Amo le puttanelle fantasiose,
le acrobate.
∼
FIOR DI LOTO
Come un quieto fior di loto,
mi nutro delle acque profonde
della mia piccola poesia.
Al diavolo gli starnazzamenti della prosa.
∼
CERCHIAMO L’OBLIO
Cerchiamo l’oblio,
l’attimo dell’amore,
l’estasi di un paesaggio,
la dolce ebrietà di un bicchiere di vino.
Cerchiamo di non vivere, vivendo.
Brutta malattia la vita.
∼
CAPODANNO 86
Buon anno, madre,
se hanno un senso gli anni nel luogo dove vivi,
le nostre stagioni,
il ghiaccio,
i fiori
questa nostra speranza così fragile.
∼
LUNA
Nel pozzo della notte
la luna si specchia
sorniona, occhieggia tra le nubi.
Per caso
sui tetti qualche gatto
avesse voglia,
di giocare un poco con lei.
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