Doveva farlo (Giulia_I-II)

Doveva farlo by Aldo & Angie

Doveva farlo by Aldo & Angie

1

Doveva farlo
come si fanno le cose
che vanno fatte
andare al cesso in un bagno pubblico: il tempo necessario senza sporcarsi troppo.
Avrebbe parlato, in quell’ufficio lo avrebbe affrontato.
Non che avesse paura, sebbene le voci non fossero incoraggianti.
Le rimaneva difficile parlare di sé – ma, voleva dare l’immagine giusta, iconoclastica, soprattutto voleva far pulizia.
Lui non era “così” cattivo; affascinante, senza esibizione – sicuro di sé.
Vero, non era solito dare confidenza.
Rimpallava la biglia, lucida liscia, rossa, in un gioco di suoni illusori: “non dà confidenza…” – tintinnio – rispettoso pudore, cordiale riservatezza. “In fin dei conti è il capo…” – tintinnio –
Lui, aveva occhi, sissignori: piantati come seme in terra fertile, con noncuranza di chi abbia carica la pistola ma non intenda usarla; grigi, nell’ovale uno squarcio indecente, imperdonabili.
Le piaceva, oh! ma questo non aveva attinenza con l’andare al cesso senza sporcare, a un anno dalla mietitura – almeno così andava ripetendosi con buona pace della sua cintura, ora improvvisamente stretta -.

Vestita con garbo, camicetta bianca sul corpo esile; gonna a tubino carta-da-zucchero (…così, la tizia del negozio); calze velate stivali tacco 13 neri a spillo costati una follia.
Un’adorazione fetish per quegli oggetti che adornavano deliziosamente i suoi deliziosi piedini, fin su per le sue deliziose caviglie.
La sua versione dei fatti.
Dopo le parole di lui.
Non aveva avuto dubbio, all’istante, che fossero state per lei quelle, dette e ronzanti in bocca, poco prima – anni secoli minuti secondi – in riunione pleinair redazionale.
Sapeva che sarebbe arrivato il momento, aveva atteso, e – plof! – bestiale.
Bussò.
<Avanti!> voce ferma corposa bassa.
Perse un battito, forse due
<Permesso…>
<Avanti> ripeté accondiscendente la voce in jeans camicia chiara occhi grigi.
Un cenno con la mano sinistra, senza staccare gli occhi, grigi rigorosamente, dal foglio.
<Si accomodi, mi voleva parlare…> a quel punto fulminandola.
<Sì> rispose lei più a sé che agli occhi grigi-grigidico.
Non c’era sorpresa – la mise a disagio, finse di non accorgersene.
<Ho chiesto di parlarle, perché vorrei chiarire la mia posizione> senza preamboli, dritta al sodo. Lui lo avrebbe apprezzato e lei non era capace di fare diversamente. Non avrebbe indorato la pillola. Detto quel che doveva-voleva-poteva, fosse lui a fare le sue considerazioni.
Coscienza a posto, pipì fatta e lavata, deodorante appena accennato, le bastavano: non era in difetto di fronte al gran capo-occhi-grigi – e poi! Diamine! era una vicenda personale, diamine! in cui diamine! non avrebbe dovuto mettere becco diamine-nessuno-diamine! aveva diritto di sostenere la conversazione senza remissione-dia-mi-ne-.
“Cosa diavolo….sto facendo??” – tintinnio –
Uomo solido, intelligente, non superficiale “da studente preparato”, vissuto, passato non facile – da manuale, ohi ohi – occhigrigi, postura, occhigrigi, atteggiamento, gestimani, mani sapienti, amante-cose-semplici, e lei, era lì per questo…
Lui! Era lì per questo!
Ora!
Ora lo sapeva! oh sì!
Avrebbe voluto girarsi con l’aggressività implicita di uno squalo che annusa altrove il sangue, e rimanda il giro sul fondo, infilando la porta – il bastardo sapeva. Aveva atteso. Tutto quel tempo. Oh sì.
“Ohssì signorinasotuttoio…seiunadeficiente…salva il salvabile smonta la guardia salpa leva il culetto e tutto il contorno, volatilizzati!”
2
Un anno prima, quando era arrivata al giornale, la sua inconsueta bellezza si era strofinata come micia in calore su ogni oggetto-persona-pensiero, sull’almanacco doverosamente appeso, alla parete bianca, sulla superficie di ciascuna postazione, nel cassetto degli oggetti personali, alla scatola di antidolorifici, sotto il salvaslip, al fazzoletto in tasca, alla patta dei pantaloni.
Il suo modo di porsi. La caparbia intelligenza, infantile, la sensualità, incolpevole.
Movenze lievi.
Ancora più accattivante poiché maldestra, in accordo con se stessa, senza compromesso, le incongruenze. Ogni confronto un banco di prova, narcisistico. Capace di abbandonare qualsiasi atteggiamento volgesse al male, assaporando il necessario al godimento.
Tutto era accaduto armoniosamente, neve a Novembre, fino alla svolta che le aveva tolto più di un sonno e un pasto.
Rabbia e orgoglio ferito.
Rabbia e orgoglio. Ma c’era dell’altro…
Poi la decisione: spalare il viale, i viali tutti attorno, a occhigrigio-verdi, mr. Bside.
Non meno importante, ricacciare Gianni.mr.rabbit nel cilindro truccato da cui era saltato fuori, calpestando l’orto.
Gianni dunque.
Gianni, il suo collega brillante. Conoscenti, amici, amanti. Ça va sans dire. “Per lui! solo per lui…dannazione…come avrebbe potuto immaginare?…”
Era stato perché lei aveva archiviato ogni precedente rapporto con l’etichetta: concluso. Nello scaffale dietro l’antologia epica.
Era libera. Dunque.
Non sussisteva alcun problema, nessuna conseguenza da temere – da mettere in conto nel post-it al frigo, trattenuto dal London-Eye.
Odiava il pettegolezzo e non se ne sarebbe occupata: volutamente ignorava i dettagli della vita altrui. Aveva un gatto.
Poteva permetterselo.
Con le donne: rapporti paritari, voleva crederlo; non le piaceva competere, primeggiare ancora meno, superfluo a una vera intelligenza. Più comodo il posto in fondo alla fila, da cui osservare le peculiarità del genere umano di schiena; naturalmente, le sue, di peculiarità, non sfuggivano a loro volta. Nulla di nuovo.
Una cena.
Contesto, luci, atmosfera, posizioni sedie tavolo sala ristorante. Ricordava il quadro all’ingresso, la cornice ordinaria, barca mare cielo. La saliera sul tavolo la forma dei bicchieri, i coltelli incapaci di adempiere.
Lo specchio in bagno la luce abbagliante, lei, lì, delusa, lo sguardo impietoso.
Tovaglia carta viola e dialogo intonato alla cravatta di lui. Plastico.
Non avrebbe dovuto – un sacco di cose oltre questa, ma – non avrebbe dovuto. Punto.
Come immaginarlo così insipido? Gianni. Libera di accontentarsi: ecco signora la sua ordinazione…pane azzimo, senza occhiali.
Nessun amorino a scoccare verso quel belloccio una punta.
Aveva lasciato che la baciasse, in auto, davanti la porta di casa.
Se ne voleva liberare e non l’avrebbe certo ucciso.
Un coniglio grande e grosso da un cappello ancora più grosso.
Avrebbe sputato nel lavandino ancor prima di lavarsi le mani, come quel pomeriggio di tanti anni prima, nella casa dei nonni, al mare. Si sarebbe sciacquata la bocca dalla saliva sconosciuta.
Nel contenitore-della-carta-cartone il post-it.
Arrivederci all’indomani.
L’indomani era arrivato. Con una carovana di carote.
Il mazzo di orchidee ingombranti imbarazzanti come la corona sulla testa della Miss di turno, troneggiava in cima alla sua scrivania, e poco era mancato che all’ingresso in sala stampa, non fosse esploso l’applauso.
Il quadro, con i colori gli uccellini gli scoiattoli gli alberelli il sole e il cielo, barchetta e pesce! Tutto di suo gusto signora?…pane, è solo pane, di suo gusto il coniglio?
Non l’avrebbe presa tanto male, se, se occhigrigigrandecapo-figo non fosse esistito, non l’avesse guardata, proprio in quel modo, proprio in quel momento passando diretto al suo ufficio.
Scartata!
Fiato alle trombe signori! Scartata! Appendete i cartelloni, sia dato l’annuncio! <Tatta-ra-tta-ta-tta-tà-scar-ta-ta-ah-ah.
Da chi? Da cosa?! una possibilità?! una minima possibilità…di…di..??! Oddio certo!! Altrimenti perché mostrarsi deluso, persino infastidito? Deluso e infastidito: aiuto! Posto sbagliato momento sbagliato, fuori scena, copione in cirillico con indosso le mutande della nonna.
Per un lungo momento aveva avuto l’insopprimibile istinto di andare al bagno, poi a parlargli, spiegargli che non era successo nulla, solo orchidee -Possiamo ricominciare???-
Farneticava, il suo corpo fortunatamente inchiodato alla sedia, impedendole sciocchezze.
Le voci, bisce nei rovi, guai a cogliere more!
Da allora si era riproposta di spiegare a occhisemprepiùgrigi quanto si sbagliava e quanto lei fosse fondamentalmente diversa dalla donna che riceve rose il mattino dopo. “E poi erano orchidee…”
Lo avrebbe fatto. Trascorso un anno.

 

to be continued…

 
Angela Fragiacomo
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